Peschici

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130 chilometri di spiagge, calette, baie, grotte marine, scogliere alte, faraglioni, pittoreschi strapiombi verdeggianti, lunghi arenili, paesini arroccati lungo la costa, un’odorosa macchia mediterranea oltre ad una superba vegetazione dell’interno, interessanti resti archeologici, fanno del Gargano una tappa obbligata del turismo.

“Ci sono in Italia dei luoghi che non hanno nulla di meno rispetto alle mete più propagandate. Sono le perle nostrane, quelle del Gargano. Sul termine perla nasce già la prima combutta: c'è chi definisce Rodi perla del Gargano, chi Peschici, chi Vieste, alle quali bisogna sicuramente aggiungere Mattinata e Tremiti. Vieste, la più grande, con il suo centro storico spettacolare, con uno splendido castello ed ogni pietra che parla di storia tra cui la Chianca amara, la pietra amara su cui furono decapitati i cittadini viestani ad opera dell’ammiraglio ottomano Dragut. Poi c’è Rodi, greca di nome e di fatto, con la basilica della Madonna della Libera che spicca con la sua cupola dorata. Mattinata con le sue spiagge bianche e petrose, Vignanotica su tutte e unica nel suo genere.

Dulcis in fundo Peschici.


Bella, perché un posto così lo si vede solo nelle favole: mare, collina, boschi, arte, viuzze bianche con lo sfondo azzurro del cielo limpido e dell'acqua, trabucchi." (Da Piero Russo - “Terra Bruciata”  - sentieri meridiani)

Abbarbicata su uno sperone roccioso a picco sul mare, Peschici, per la sua particolare posizione, è uno dei rari luoghi lungo l’Adriatico dove il sole sorge e tramonta in mare. Dettaglio, quest’ultimo che consente di godere delle  spiagge fino al calar del sole.

Ancora suggestiva, nonostante i "guasti" della modernizzazione, l'architettura spontanea del paese. Le case del primo nucleo abitativo, osservabili lungo la strada che porta dal castello alla marina, sono scavate nella roccia, le altre sono costruite dove era possibile ricavare nella roccia una cisterna per l'acqua; tutte hanno una struttura pressoché cubica, costituite da una sola stanza e coperta da una cupola, che rimane anche quando esistono due piani.

Una casa tipica, nella quale è allestito perennemente un presepe, ben segnalata nel centro storico è visitabile: arredata ancora con le suppellettili originali, raccoglie inoltre gli oggetti di uso domestico e quotidiano della tradizione.

Per le abitazioni a due livelli, il piano rialzato viene raggiunto con una scala esterna, per non rubare lo spazio all'interno, e protetta da un parapetto in muratura (mugnale).
Nei palazzi dei ricchi proprietari terrieri una cellula base si specializza nelle varie sale di intrattenimento, da pranzo, letto…., ma conserva la struttura originaria che utilizza i multipli del cubo.
Anche le chiese partono dallo stesso modulo di base delle case, modulo ancora visibile in quelle più antiche. La Chiesa Madre di S. Elia, romanica, presenta uno stadio successivo con un accenno alle navate. È affiancato un campanile a base quadrata che è la più alta costruzione del paese.

Si consiglia una visita alla chiesa della Madonna di Loreto, fuori dell' abitato, in cui sono appese piccole imbarcazioni e velivoli come ex-voto. 




COSA VEDERE?

Nel centro storico, passato l'arco, a destra fermarsi a visitare la bottega del vasaio: i Frammichele autori di splendide ceramiche e terrecotte fra la quali la "Pupa". La tradizione vuole che queste bambole raffiguranti donne prosperose con la forma di pane o col cesto della biancheria o con le olive (simboli bene auguranti), venissero messe dall'innamorato sul davanzale della casa della prescelta. Se la mamma di questa portava in casa la bambola, il permesso alle nozze veniva accordato.


Oltre ai Frammichele, sono l'anima del centro storico anche i Suatt (termine che indica la cinghia che serve a sorreggere i finimenti del mulo), musicisti folk che si riuniscono in via Ponente, davanti alla bottega del falegname artista, per intonare canzoni tradizionali e per suonare con strumenti fatti in casa.
Lungo la strada che porta al castello ci si imbatte nella bottega dove vengono venduti i FATTI A MANOL'artista Delli Carri ha ripreso la tradizione dei giocattoli in cartapesta e li ha reinterpretati. Con la collaborazione della madre Liliana Vincitorio che decora i pezzi, propongono , oltre alle classiche, anche forme di assoluta novità e di grande bellezza





I fatti a mano
Ceramica Frammichele
Tra i tanti non manca il giocattolo tradizionale: la pupa. Si tratta di una bambola di carta pressata che fabbricavano alcuni artigiani dell'antica Foggia; veniva regalata alle bambine, mentre i cavallucci, fatti nello stesso materiale e con la stessa tecnica, venivano regalati ai bambini in occasione del pellegrinaggio al santuario della Madonna Incoronata, vicino Foggia.
Ma cos'è questa pupa? E' una specie di bambola senza braccia ottenuta pressando fogli di giornale in due forme di legno concave; prima di incollare le due metà fra loro, si richiudono all'interno dei sassolini. Infine viene ricoperta di biacca, e con colori vivaci vengono riprodotti abiti vistosi e gioielli della tradizione. 



La sera il paese si affolla di turisti che passeggiano sul corso consumando le specialità salate, proposte dalle numerose  pizzerie e friggitorie, e dolci della tradizione e non.
Questi passano poi ai vicoli del centro dove sono presenti ristoranti su terrazze che guardano il sole calare dietro le Tremiti e negozietti di ogni genere che propongono oggetti di artigianato e prodotti tipici. Enoteche e locali intrattengono anche i più giovani che intonano canzoni accompagnati  da una chitarra.

SANTO PATRONO

Il 19, 20, 21 luglio si festeggia Sant'Elia profeta, patrono della cittadina, che salvò dalle cavallette i peschiciani e i loro raccolti.


                    

I paesani sentono molto la festa, in occasione della quale esibiscono il loro abito migliore, spesso fatto apposta nuovo  e, accompagnati per giorni dal suono della banda, seguono i riti tradizionali. Dopo la processione, le statue dei santi, seguiti dalle autorità e dalla banda, vengono portate là dove si assiste alla "batteria a terra" fuochi d'artificio sparati molto bassi.         
A notte inoltrata si assiste ai fuochi in mare e la notte successiva c'è la replica di questi ultimi. La partecipazione dei paesani è talmente sentita che migliaia di turisti vengono coinvolti emotivamente e partecipano alla festa collettiva. Per i fuochi l'amministrazione comunale non bada a spese: è nella tradizione del meridione festeggiare con i fuochi, perché si ritiene spaventino le anime malvagie.

LE ORIGINI DI  PESCHICI

Fin dalle origini la storia di Peschici è profondamente legata al mare ed ai suoi pericoli. Il borgo viene fondato, infatti, nel 970 d.C. da un manipolo di soldati slavi che, per non rinunciare alla propria religione cattolica, abbandonano le loro terre ai musulmani e accolgono il richiamo di Ottone I per far fronte alla minaccia dei saraceni. In un documento risalente al 1023 sono presenti non solo riferimenti all'abitato di Peschici, ma anche sulla presenza della comunità slava, dimorata nel castello di Peschici, sul territorio e degli ottimi rapporti che tale comunità riesce ad avere con la popolazione locale ed il suo sistema sociale.
Segni di questa origine rimangono non solo nel nome Peschici, che deriva dalle parole slave pesek (sabbia) e cist (fine), ma anche nei tratti somatici dei peschiciani, prevalentemente biondi e con gli occhi chiari, e nel dialetto nel quale su una base comune agli altri dialetti pugliesi permangono vocaboli slavi (i culaci, taralli al gusto di anice ancora oggi consumati e in vendita, derivano dal termine Kolac, pasta dolce).
Il territorio dove ora sorge Peschici ha, prima del 1000, una sua importanza strategica per la presenza dell'abbazia delle isole Tremiti: nell'872 l'imperatore Ludovico II fa erigere l'abbazia di Calena, fiorente già nel 1176, avendo il possesso di 30 chiese sul Gargano, il lago di Varano e della stessa Peschici; con la bolla del 1445 di papà Eugenio IV viene annessa a quella delle Tremiti. 
Calena
Nella seconda metà dell'anno 1000 i normanni costruiscono in posizione strategica, forse su una preesistente fortezza bizantina, un castello destinato a difendere i centri interni del Gargano. Successivamente Federico II lo rinforza con mura tuttora visibili ed erige anche una Torre detta del Ponte o Rocca Imperiale che fu roccaforte non solo sveva ma anche angioino aragonese spagnola.
Torre del Ponte
Sotto il dominio degli Svevi, Peschici vive momenti drammatici nella contesa tra impero e papato. Un cronista del tempo ci riferisce che nel settembre 1239, 25 galee veneziane mandate da Papa Gregorio IX contro lo scomunicato Federico II, prendono Peschici e Vieste; Federico II, tuttavia, farà ricostruire le fortificazioni dei due centri. Durante il dominio aragonese, i garganici appoggiano (1458) i baroni contro il nuovo re Alfonso, che nel 1462 occupa il Gargano affidandolo a Giorgio Castriota Scanderbeg, alleato del sovrano spagnolo. Sullo sfondo di questo scenario è sempre presente Venezia, la città marinara che controlla tutti i traffici verso l'Oriente e le coste dell'Adriatico: tra il 1469 e il 1586 Peschici compare in 23 carte e portolani, gran parte dei quali redatte da geografi della Serenissima.
Dopo la guerra franco-spagnola per il possesso del regno di Napoli, ma soprattutto dopo le ennesime scorrerie dei turchi, di cui si ricorda nel 1554 la strage di Vieste, con migliaia di vittime, e nel 1567 l'assedio di Tremiti, viene decisa la costruzione di dieci torri lungo le coste della Capitanata. Cinque anni dopo il numero delle torri sale a 21 e tra esse ci sono quella di Monte Pucci, quella detta dei doganieri a San Menaio e quella di Calalunga, che diroccata nel 1570. Nel ‘700 durante l'insurrezione antiborbonica in tutto il Gargano si costituiscono le vendite, le associazioni carbonare, e nel 1848 il peschiciano antiborbonico-liberale nonché attivo uomo politico, poeta e scrittore Giuseppe Libetta  primo comandante della prima nave a vapore (il Ferdinando I, che salpò da Napoli il 27 settembre 1818) a varcare il Mediterraneo, entra nel Parlamento napoletano del 1848 dove è esempio di coraggio, di schiettezza e di onestà. Per rompere il completo isolamento del Gargano bisogna attendere il 1865, anno in cui viene aperta la prima strada rotabile , tra il 1922 e il '27 entra in funzione l'acquedotto pugliese, nel 31 viene costruita la ferrovia del Gargano. Nonostante le battaglie del regime per l'aumento della popolazione e della produzione del grano, Peschici al censimento del 1936 aumenta di un terzo, ma è in aumento anche il fenomeno dell'emigrazione. Non migliore è la situazione del dopoguerra, infatti, con la popolazione in aumento non cresce l'occupazione e il tenore di vita, ma solo il numero di emigranti. Solo con l'avvento del turismo intorno al 1960 ci saranno dei miglioramenti che porteranno molti frutti visibili tutt'oggi.

TORRI DI AVVISTAMENTO

A memoria di una storia secolare di attacchi ed incursioni restano oggi alcune torri costiere erette nella seconda metà del Cinquecento per difendere il territorio da pirati e corsari.
I fortilizi si levano su alte rupi a picco sul mare, in posizione dominante e panoramica rispetto all'Adriatico: tale ubicazione risulta strategica e funzionale all'avvistamento ed alla segnalazione delle navi nemiche. Le torri hanno base quadrangolare e presentano la forma di tronchi di piramide; l'accesso avveniva dal lato rivolto verso i monti per mezzo di scale retrattili in legno, successivamente sostituite da rampe fisse in muratura.
Le feritoie, invece, che fungevano anche da finestre, erano aperte nelle pareti laterali. Ogni torre doveva essere visibile da altre due torri: l'avviso delle imminenti incursioni di giorno avveniva per mezzo disegnali di fumo, di notte per mezzo di segnali di fuoco oppure ricorrendo al suono di campane o di corni. Talora venivano anche inviati dei messaggeri a cavallo ad allertare la popolazione locale.
Tra le torri superstiti la più famosa è sicuramente quella di Monte Pucci che regala ai suoi visitatori un panorama meraviglioso. La torre, arroccata sull'alta roccia calcarea, avvolta dall'esaltante profumo di pino misto a quello del mirto, ha perso l'originario coronamento e come le altre della zona presenta dimensioni assai ridotte che ne attestano la funzione di avvistamento e non, quindi, difensiva.